Indagini senza indizi by Massimo Lugli

Indagini senza indizi by Massimo Lugli

autore:Massimo Lugli [Lugli, Massimo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Crime, Fiction
ISBN: 9788854187016
editore: Newton Compton Editori
pubblicato: 2015-10-14T22:00:00+00:00


«Vieni a vedere sottoterra?».

Poldo mi guardava in tralice, pieno di promesse. Cercavo di stargli il più lontano possibile perché quel ragazzo aveva qualcosa che non andava, sembrava una bomba pronta a esplodere da un momento all’altro. Ma quel “sottoterra” mi incuriosì.

«Che vuol dire, Poldo?»

«Vieni».

Poldo si incamminò verso il limite del prato di sterpaglia che loro chiamavano giardino. Poi si fermò davanti a quello che sembrava l’imbocco di un tunnel. Alla parete erano fissati dei rozzi scalini di ferro che scendevano verso il basso. La fine del pertugio nemmeno si vedeva.

«Vai avanti tu…».

Poldo non se lo fece ripetere e scese la scala con agilità insospettabile. Io lo seguii un po’ esitante. L’aria, man mano che scendevamo, sapeva sempre più di muffa.

Toccammo terra e lui tirò fuori una lampadina: «Seguimi», mi disse in tono quasi autoritario. Sembrava molto a suo agio in quel budello. Ci incamminammo dietro il fascio di luce della sua pila. La galleria era ampia e spaziosa. Ogni tanto la pila illuminava topi in fuga, qualche straccio, una vecchia carriola arrugginita. Avevo una gran paura di perdermi e di restare per sempre assieme a Poldo ma vidi che sulle pareti erano segnate una serie di frecce, come nei sentieri di montagna. Ogni volta che incontravamo una deviazione, le indicazioni cambiavano di colore. Bastava restare sempre sul blu per ritrovare l’uscita. O almeno lo speravo.

Camminammo per una mezz’ora buona e arrivammo a uno slargo dove si vedevano i segni di lunghi lavori di scavo: mucchi di terra accatastati ordinatamente, un mozzicone di pala, un vecchio carrellino per il trasporto del terreno.

«Era una fungaia», spiegò Poldo, «ci lavorava un sacco di gente, andavano e venivano tutto il giorno. Io gli davo una mano, scavavo la terra: mi davano dieci euro al giorno o una cassetta di funghi da portare a papà. Due mesi fa se ne sono andati, non so perché…».

Tacque, afflitto. Era il discorso più lungo che gli avessi mai sentito fare. In realtà non ero mai stato sicuro che sapesse veramente parlare. Di solito si limitava a grugniti o monosillabi. Quello, evidentemente, era il suo mondo: nel buio, sottoterra, al caldo, si sentiva al sicuro.

«E non ti hanno detto perché mollavano tutto?», chiesi un po’ imbarazzato.

«Macché…», sembrava sul punto di piangere.

«Torneranno, vedrai. Forse ogni tanto bisogna far riposare la terra, permettere ai funghi di ricrescere», non avevo la minima idea di quello che stavo dicendo, quella situazione mi innervosiva. Poldo restava in silenzio.

«Ci vieni spesso, qui?»

«Tutti i giorni. Ma non tornano mai».

«E i cunicoli dove arrivano?»

S’illuminò: «Dappertutto. Sono lunghi chilometri e chilometri, attraversano il quartiere. Ci sono almeno cinque uscite. M’hanno detto che un tempo serviva ai ladri della zona per dividere il bottino e nascondersi. È come una città ma non la conosce nessuno».

Poldo si avvicinò a una parete e ne staccò qualcosa. Poi mi mostrò un fungo pallido e molle. Aveva un aspetto desolato. Sbriciolò il fungo tra le dita e masticò i frammenti incrostati di terra. Gliela sentivo crocchiare sotto i denti.

«I funghi ci sono ancora. Alle volte penso che voglio venire qui sotto e restarci per sempre.



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